Solo la speranza lenisce il dolore by Simone Veil

Solo la speranza lenisce il dolore by Simone Veil

autore:Simone Veil [Veil, Simone]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9791259921604
editore: © 2024 Garzanti S.r.l., Milano / Corbaccio
pubblicato: 2024-01-22T23:00:00+00:00


Bobrek

Siamo arrivate a Bobrek l’8 o il 9 luglio, credo. E siamo rimaste lì fino al 18 gennaio del ’45. Sei mesi sono tanti… Lì non c’erano appelli, il lavoro era duro, certo, ma più tollerabile. Il cibo non era migliore, ma soffrivamo meno la fame. Nei primi mesi a Bobrek abbiamo fatto lavori di sterro. La sorveglianza era meno rigida, era un campo piccolo, eravamo in tutto trentacinque donne, credo, e duecentocinquanta uomini, su per giù. Le donne lavoravano nella fabbrica; c’era un piano che somigliava a una soffitta, un grande spazio in cui stavamo tutte insieme. Non c’erano appelli, l’SS veniva a contarci la sera. Si divertiva ad arrivare mentre ci stavamo lavando…

Erano arrivate due comuniste provenienti dal blocco degli esperimenti, francesi anche loro, di origine polacca. Entrambe erano state mandate lì dalla rete comunista, perché il medico del blocco degli esperimenti aveva detto loro che non sarebbe più stato in grado di proteggerle da esperimenti pericolosi e che per loro era meglio andarsene. Queste due comuniste sono state delle amiche fantastiche, soprattutto per la mamma: la più grande, in particolare, la adorava. Ci siamo riviste più volte in Francia.49 La rete comunista riusciva sempre a procurare loro degli incarichi abbastanza buoni. A Bobrek se la cavavano, a Bergen-Belsen trascinavano un carrello con delle rape o qualcosa del genere, ma questo consentiva loro di avere un lavoro, di mangiare; non se la passavano troppo male. Alla fine, negli ultimi giorni, quando ci siamo riviste a Bergen-Belsen, a un certo punto… ho pensato che non ce l’avrei fatta. C’era una tale quantità di deportati e di prigionieri che arrivavano da ogni parte che di notte, a volte, non si riusciva a trovare un posto per sedersi. Ricordo che una notte in cui non ero riuscita a rientrare perché c’erano stati dei bombardamenti mi hanno fatto dormire sotto il loro letto. Erano molto, molto legate, tra di loro c’era una solidarietà assoluta, davvero. Una di loro sapeva che il marito era stato fucilato perché era un partigiano comunista e quand’è tornata a casa ha ritrovato la figlia. L’altra ha avuto la fortuna di tornare dalla sua famiglia, i suoi due figli, anzi tre, e il marito, che non era stato deportato. Quella che ha perso il marito, nel campo aveva conosciuto un altro amico, come si diceva, un comunista, oltretutto un uomo molto gentile, la cui famiglia era stata completamente sterminata; l’ho saputo molto tardi, ma sua moglie e i suoi quattro figli erano stati uccisi subito nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo aver lasciato il campo, sono andati a vivere insieme e un po’ di tempo dopo si sono sposati e hanno avuto un figlio. La cosa incredibile è che lui faceva il gioielliere a Drancy, dove aveva una piccola villetta. Perciò dopo la guerra sono andati a vivere a Drancy, andavo spessissimo a trovarli.50 Dato che la sua amica – quella che aveva ancora tutta la famiglia – non aveva un posto dove stare, è andata a vivere dall’altra e hanno abitato tutti insieme in questa casetta di Drancy.



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